Bioedilizia, una storia di passione. Testimonianza di Matteo.

LA RISCOPERTA DELL’ARCHITETTURA MONTANA E DEI SUOI MATERIALI.

Dopo la guerra la disponibilità di materiali nuovi come il cemento, che garantivano a prima vista una maggiore facilità e velocità di esecuzione, ha cambiato – spesso non in meglio – l’architettura e le tipologie anche in montagna. Ci siamo così tutti abituati all’utilizzo delle malte cementizie e di tutta una serie di materiali e tipologie che non erano propri dell’architettura tradizionale ed in qualche modo sembravano forse far dimenticare secoli di miseria, ingiustamente collegati agli intonaci grezzi, alla pietra a vista ecc a favore del liscio, del regolare, del cemento, della plastica, del ferro industriale, della simmetria e di modelli costruttivi e proporzioni estranee al territorio.
Purtroppo così abbiamo dimenticato, insieme alla miseria, le tipologie costruttive antiche: la pietra, la calce (nelle sue diverse possibili forme) ed il legno che per secoli erano stati la base della cultura costruttiva, non solo contadina e montana e che in questo modo sono stati relegati all’angusto ambito del restauro di edifici di particolare pregio.
Oggi fortunatamente, dopo aver preso atto dei disastri – soprattutto quelli degli anni ’70-’90 – cominciamo a riscoprire la bellezza e le proporzioni dell’architettura tradizionale; ci accorgiamo che i borghi più belli delle nostre montagne (e non solo) sono proprio quelli risparmiati in quegli anni; iniziamo a riconsiderare le qualità straordinarie ed innegabili dei materiali antichi oltre alla loro “naturalità”.
Ci siamo accorti di come il cemento e le malte cementizie trattengano l’umidità, finendo per creare col tempo intonaci più “forti e duri” ma che tendono a staccarsi dal supporto. Abbiamo notato come, anche cromaticamente, quegli intonaci o quei giunti grigi fossero così freddi ed estranei ai nostri paesi.
Abbiamo osservato come l’umidità “risalga” dal terreno molto di più dove sono utilizzati intonaci cementizi, fino a impregnare completamente le murature, mentre quelli a calce ci pervenissero spesso intatti attraverso i secoli, come permettessero la traspirabilità e il passaggio naturale dell’umidità. Abbiamo ammirato le antiche finizioni ed i colori di chiese e palazzi di pregio e l’impietoso confronto con quelli moderni così uniformi e di durata limitata.
Abbiamo visto come le murature in pietra “lavorassero” bene per tutta la vita dell’opera se legate con terra o malta di calce e di come non andassero strutturalmente d’accordo col cemento.
Preso atto di tutto questo noi abbiamo iniziato a studiare le antiche tecniche di costruzione, abbiamo ricreato le malte di un tempo con l’utilizzo della calce naturale nelle più svariate forme (quella idraulica, quella aerea, il grassello, la calce a caldo…), l’utilizzo delle terre e dei colori naturali, quello dei dormienti in legno in luogo dei cordoli in cemento armato (e qui si aprirebbe un’ampia parentesi in cui parlare del cemento armato utilizzato in funzione anti-sismica nel restauro di strutture in pietra, terra e calce, a nostro modo di vedere assolutamente inutile ed incompatibile…).
Abbiamo ri-proposto soluzioni, proporzioni e colorazioni antiche riuscendo a migliorarle con l’utilizzo dei macchinari e dei materiali moderni senza intaccarne il fascino.
Solo dopo abbiamo capito di fare quella che viene definita “bio-edilizia” ma noi facevamo solo quello che da sempre si è fatto fin da tempi lontani…

M.P.